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Mutismo selettivo

 

Sul Journal of Applied Behavior analysis è stato da poco pubblicato un interessante studio sul mutismo selettivo, che ha coinvolto una bambina di 9 anni, Leslie, il cui comportamento di mutismo è stato osservato, in tre componenti (risposte, iniziative e fallimenti) e in tre diverse situazioni sociali (in un luogo pubblico, nell’interazione con un adulto e con un bambino di pari età). In seguito Leslie è stata sottoposta ad un trattamento di tipo comportamentale, basato sul role playing e sulla visione di video in cui poteva osservarsi in azione. Infine, sono stati nuovamente registrati i comportamenti della bambina nelle tre situazioni sociali, per valutare le differenze riscontrate.

Quella che segue è una sintesi dello studio, con i suoi dati e le sue conclusioni.

Il mutismo selettivo è un disturbo dell’infanzia che riguarda la capacità di parlare in certi ambienti o con particolari persone, ma non in altre situazioni. Per esempio, un bambino può parlare normalmente a casa, ma non riuscire a parlare a scuola, o fra i compagni di gioco.

Si stima che il problema riguardi meno dell’1% della popolazione (Viana, Beidel, & Rabian, 2009), ma è abbastanza allarmante perché può provocare isolamento sociale e fallimenti scolastici (Kolvin & Goodyer, 1982).

Il presente studio ha valutato un intervento di tipo comportamentale sul mutismo selettivo consistente in giochi di ruolo e la visione di video di self-modeling (o VSM, cioè una procedura in cui il paziente si può osservare in azione in un filmato). Il gioco di ruolo (o role-palying) permette di mettere in atto un comportamento, ricevendone un feedback e un rinforzo. Questa procedura si è mostrata utile per migliorare le competenze sociali in persone con disabilità intellettiva (vedere ad esempio, Huang & Cuvo, 1997)

Il VSM è un intervento che si è dimostrato efficiente ed efficace per migliorare la comunicazione e le competenze sociali nei bambini con disturbi emotivi e del comportamento (vedere ad esempio, Baker, Lang, e O’Reilly, 2009) e disturbi dello spettro autistico (McCoy & Hermansen, 2007). La combinazione di questi due strumenti di intervento teoricamente potrebbe servire a migliorare l’uso del linguaggio nei bambini con mutismo selettivo.

In questo studio si è voluto misurare l’uso del linguaggio in un soggetto con mutismo selettivo, prima e dopo i giochi di ruolo e il VSM, in tre situazioni sociali

METODO

Leslie era una bambina di 9 anni, con mutismo selettivo. A casa parlava in modo chiaro e frequente, ma non riusciva a parlare in altre situazioni sociali. Il suo atteggiamento durava da più di un anno ed interferiva pesantemente con le attività extra-scolastiche (per esempio, campo estivo o lezioni di nuoto). Leslie non conosceva i ricercatori e non aveva mai ricevuto alcun intervento psicologico prima della partecipazione allo studio.

Sono state individuate dapprima tre situazioni sociali in cui era previsto il dover parlare: fare un ordine in un ristorante (tipo tavola calda), parlare in una sala riunioni con degli adulti sconosciuti, e giocare con un nuovo compagno di pari età. I dati sono stati raccolti in due ristoranti e in un edificio in cui vi erano solo uffici. Ogni situazione era conosciuta da Leslie e dalla sua famiglia prima dello studio. Entrambi i ristoranti chiedevano ai clienti di ordinare in base ad un grande menu, appeso al soffitto. L’edificio era in una università vicina al luogo di lavoro del padre di Leslie.

Sono stati misurati in tutte e tre le situazioni sociali i seguenti items: le risposte, le iniziative, i fallimenti. Per risposte si intendono le risposte che Leslie ha dato a delle domande espresse in modo chiaro e a voce alta, entro 5 secondi dalla domanda. Le iniziative sono dei discorsi fatti da Leslie dopo un periodo di 5 secondi o più in cui non vi era stato uno scambio verbale fra interlocutori, espresse a voce abbastanza alta, da essere udibili dagli altri e non erano pronunciate in risposta ad una domanda. I fallimenti si riferiscono a quelle comunicazioni in cui (a) l’interlocutore ha dovuto ripetere la domanda (b) l’interlocutore ha chiesto a Leslie di ripetere la risposta (c) Leslie non ha risposto entro 5 secondi ad una domanda.

Tutte e tre le sessioni sono state registrate utilizzando un videoregistratore palmare e i video sono stati codificati per variabili dipendenti utilizzando la registrazione della frequenza.

Per l’ordine alla tavola calda, Leslie è stata condotta nel ristorante da uno sperimentatore e da sua madre: le è stato dato del denaro e chiesto di ordinare tutto quello che voleva. Leslie sedeva al tavolo con lo sperimentatore e la madre in un tavolo distante almeno cinque metri. Quando Leslie si è avvicinata al bancone, il dipendente le ha chiesto se era pronta ad ordinare (o qualcosa di simile). Dopo il verificarsi di due fallimenti nella comunicazione, la sessione è stata considerata terminata e lo sperimentatore ha ordinato il pasto a posto di Leslie. Le sessioni sono state chiuse presto, per evitare inutili imbarazzi per la bambina. Una risoluzione anticipata si è verificata in tutte e tre le situazioni sociali perché Leslie non parlava. Pertanto, ogni sessione è durata meno di 2 minuti.

Le altre due situazioni sociali descritte si sono svolte in sessioni diverse, con persone adulte e bambini diversi, che Leslie non aveva mai precedentemente incontrato.
In queste situazioni la madre era in una stanza diversa e lo sperimentatore era a minimo 5 metri di distanza. Gli adulti erano studenti di dottorato che volontariamente si erano offerti di partecipare a questo esperimento volto a migliorare le abilità sociali. Fu detto loro che avrebbero incontrato un bambino per 5 minuti, con il quale dovevano comportarsi in modo assolutamente normale, come erano usi fare. Leslie è stata condotta nell’ufficio dicendole che le sarebbe stata fatta conoscere una persona interessante. Le sessioni in teoria dovevano durare 5 minuti, ma sono state interrotte prima, per i problemi di comunicazione di Leslie.

I compagni di pari età erano invece i figli degli studenti di dottorato. Ai bambini è stato detto che lo scopo dello studio era studiare come i bambini giocano insieme. Ai bambini sono stati dati un tavolo, due sedie e un gioco da tavolo che i bambini sapevano utilizzare. La sessione è stata conclusa dopo 10 minuti, o due fallimenti nella comunicazione.

Giochi di ruolo e video di auto-modeling. Prima della intervento, lo sperimentatore ha chiesto a Leslie su quale situazione sociale avrebbe voluto lavorare per prima. Leslie ha scelto di lavorare prima sul ristorante, poi sugli adulti e in ultimo sul gioco con i coetanei. Pertanto, l’intervento è stato programmato in questo ordine.

L’intervento è consistito in sessioni in cui venivano praticati giochi di ruolo e video, fornendo dei rinforzi. Le sessioni sono state tenute a casa di Leslie. I dati finali sono stati invece raccolti presso le tavole calde (per l’ordine) o l’edificio di soli uffici (per gli incontri con adulti sconosciuti e giochi con i coetanei) utilizzando il stesse procedure della prima volta.

Lo sperimentatore e Leslie negli incontri a casa della bambina hanno discusso le situazioni sociali proposte nei giochi di ruolo. Alla bambina sono stati dati dei suggerimenti riguardo alle modalità per rispondere a domande specifiche durante il gioco di ruolo (ad esempio la domanda prevedibile: ”Lo mangi qui o lo porti via?” al momento dell’ordine al ristorante) o sui possibili modi di avviare una conversazione (ad esempio dire: ”Ciao, come ti chiami?”quando si incontra una persona nuova). Durante il gioco di ruolo, il ricercatore ha finto di essere l’interlocutore della situazione (ad esempio, l’addetta della tavola calda).

Leslie era in grado di parlare senza difficoltà durante il gioco di ruolo e le sue risposte sono state videoregistrate. Leslie ha poi potuto guardare il video del role-play e i video registrati nelle tre sessioni. La bambina era in grado di riconoscere e codificare le risposte, le iniziative e i fallimenti, avvenuti in quelle occasioni. Il ricercatore elogiava Leslie per tutte le risposte e le iniziative mostrate nel video.

I giochi di ruolo e i video duravano da 30 a 45 min per sessione. Il gioco di ruolo del ristorante durava da 2 a 4 minuti, quello con l’adulto 5 minuti, quello con il coetaneo 10 minuti.

RISULTATI E DISCUSSIONE

Dopo l’intervento, Leslie ha parlato in tutte e tre le situazioni sociali e nei tre comportamenti osservati. Le risposte al ristorante sono passate da 0 a 5, sono state 6 nell’incontro con gli adulti, e 16 nel gioco con i coetanei. Le iniziative sono aumentate da 0 a 0,3 per l’ordine al ristorante, a 4 per l’incontro con gli adulti, a 5 nel gioco con i coetanei. Le iniziative non sono state molte al ristorante perché l’addetto poneva domande veloci (per esempio,”Desideri?”) e Leslie aveva solo modo di rispondere alle domande, senza poter prendere iniziative. In linea di massima, i fallimenti nella comunicazione hanno riguardato delle parole pronunciate da Leslie a voce troppo bassa, non udibile.

Conclusioni: Le precedenti ricerche hanno definito il mutismo selettivo come un tipo di fobia (vedi per esempio, Cohan, Chavira, e Stien, 2006). Da una prospettiva comportamentista invece, il mutismo selettivo è un esempio di limitato controllo dello stimolo. In particolare, il parlare sembrerebbe essere sotto il controllo di stimoli specifici legati alla situazione, in contrasto con i consueti stimoli sociali cui si è abituati (ad esempio, per la presenza di un ascoltatore).

Questo studio dimostra che il comportamento di Leslie non è migliorato fino a che non si è fatto un intervento mirato per ogni singola situazione. Per esempio, le risposte nell’incontro con un adulto sconosciuto sono rimaste stabili, nonostante le risposte fornite al ristorante fossero aumentate, suggerendo che la generalizzazione dei comportamenti non sempre si verifica, anche se le situazioni sociali sono simili.

Sulla base di questa interpretazione, futuri interventi comportamentali per il mutismo selettivo potrebbero utilizzare procedure volte a trasferire il controllo dello stimolo da una situazione irrilevante ad una situazione maggiormente coinvolgente.

Precedenti ricerche sui trattamenti per il mutismo selettivo sostengono che il trattamento è abbastanza lungo (Standart & Le Couteur, 2003), e molti studi segnalano una durata superiore a 1 anno (Cohan et al., 2006). Il miglioramento osservato in questo studio, dopo l’intervento terapeutico, ha richiesto invece poche sessioni.

Fonte:

Russel Lang et al. BEHAVIORAL INTERVENTION TO TREAT SELECTIVE MUTISM ACROSS MULTIPLE SOCIAL SITUATIONS AND COMMUNITY SETTINGS, JOURNAL OF APPLIED BEHAVIOR ANALYSIS 2011, 44, 623–628 NUMBER 3 (FALL 2011)

Il limite di questo tipo di intervento è che il trattamento è individuale, sebbene le situazioni che creano il problema siano di ordine sociale. Lo studio può essere però un esempio per progettare futuri interventi che promuovano la generalizzazione dei comportamenti, trasferendo il controllo dello stimolo appreso in situazioni protette a situazioni sociali considerate più difficili.